Il Parco archeologico di Castelseprio, alle pendici della valle dell’Olona, nel tratto del varesotto, è una delle più significative testimonianze dell'alto Medioevo nell'Italia settentrionale ed è giustamente riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.
Il Castrum
Le costruzioni presenti sul pianoro sono a carattere militare (ponte e torrione d'ingresso, mura di cinta, torri difensive e una casaforte), civile (case di abitazione, pozzi, cisterne) e religioso.
La basilica di San Giovanni Evangelista costituiva il principale complesso religioso del castrum romano, poi longobardo. Il complesso comprendeva la basilica, intitolata a san Giovanni Evangelista, e un battistero ottagonale di ascendenza paleocristiana; entrambi gli edifici, come l'intero castrum, furono tuttavia radicalmente ristrutturati nel VII secolo dai Longobardi, che li utilizzarono, sia internamente sia esternamente, come sepolcreti per i notabili locali. Scampati, come gli altri edifici religiosi longobardi di Castelseprio, alla distruzione del castrum operata dai Visconti nel tardo XIII secolo, la basilica e il battistero sono successivamente andati in rovina; oggi ne rimangono soltanto i ruderi.
Chiesa di San Paolo
Piccola chiesa a pianta esagonale, dotata di abside, ambulacro e loggiato. Probabilmente di età romanica.
La cascina-convento di San Giovanni
Il piccolo monastero a corte, forse costruito nel XIV secolo, ospitava una comunità regolare. All'interno le pareti dell'oratorio conservano affreschi tardorinascimentali e seicenteschi. L'Antiquarium, recentemente allestito, espone materiali che illustrano i primi insediamenti preistorici, la vita del castrum dalla sua fondazione in età tardoromana, attraverso il momento di fioritura nell'altomedioevo, sino alla distruzione ed oltre. Tra i reperti spiccano i resti di decorazione ad affresco recuperati negli interventi archeologici all'interno degli edifici di culto e la ceramica rinascimentale emersa nel corso degli scavi dello stesso edificio.
Il borgo
La zona dell'abitato si sviluppa ad occidente del castrum. Di questo borgo oggi rimangono una serie di resti parzialmente affioranti e ricoperti dalla boscaglia. Le fonti ricordano fossati, porte, una piazza e qualche edificio, tra cui, probabilmente, una chiesa dedicata a S. Lorenzo.
Il parco archeologico dell'antica Castel Seprio (Castel Sevar in lombardo occidentale e Castel Sever o Visevar in milanese e varesotto) è costituito dai ruderi dell'omonimo insediamento fortificato e del suo borgo, nonché dalla poco distante chiesa di Santa Maria foris portas. Dello stesso unicum archeologico è il Monastero di Torba, che è però gestito dal FAI. E' stato dichiarato il 26 giugno 2011 Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.
Gli scavi hanno evidenziato una frequentazione del luogo a partire dall'età pre- e protostorica, con una necropoli dell'Età del ferro di matrice insubre presso l'attuale chiesa di S. Maria foris portas. La fondazione del castrum Sibrium sembra risalire al IV-V secolo in relazione a una linea difensiva contro le grandi migrazioni di popoli germanici. Il luogo si trovava inoltre all'incrocio dei fascio di strade della direttrice Como-Novara.
Durante l'età bizantina e longobarda, Castel Seprio viene ricordato come civitas, cioè come centro di un ampio distretto territoriale. Tarde fonti ravennati come Geografo Guidone e l'Anonimo Ravennate riportano la dicitura Sibrie o Sibrium, alla latina, per rendere il fonema Séverum. In età carolingia, si costituì il Contado del Seprio.
Tra il 1285 e il 1287 l'insediamento venne completamente raso al suolo ad opera dei milanesi durante la lotta contro i Torriani. L'arcivescovo di Milano Ottone Visconti ne decretò il perpetuo abbandono, ad eccezione delle chiese, che vennero officiate fino al XVII secolo. L'interesse degli eruditi milanesi per questo luogo storico si fece vivo sin dal XIV secolo. Nel 1339 Galvano Fiamma cita che nel Monastero di Torba fu rinvenuta la tomba di un re longobardo. Nel XV secolo fu Ciriaco Pizzicolli a effettuare la trascrizione di alcune lapidi romane inserite nelle murature superstiti.
Nel 1541 l'erudito Bonaventura Castiglioni nella sua Gallorum Insubrium antiquae sedes è il primo a compilare una descrizione dei ruderi.
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