I Produttori


Patrimonio ed espressione dell'agricoltura eroica di montagna

CONSORZIO SALVAGUARDIA DEL BITTO STORICO

Via Nazionale, 31
GEROLA ALTA - SONDRIO


Ordini Online


Per ordini telefonici:
0342 690081


Ordine Minimo: 50€

Spedizioni a domicilio a mezzo corriere - Costo spedizione 8,90€


Consegna gratuita per ordini superiori a 70€


Consegna garantita entro 48/72 ore


Mission

Oggi il Consorzio Salvaguardia Bitto Storico unisce 12 produttori che continuano a produrre questo formaggio secondo il metodo storico: ciascuno degli associati si impegna a mantenere una serie di pratiche tradizionali nella monticazione e conferisce la propria produzione estiva al Centro di Gerola Alta. Nelle cantine naturali del Centro del Bitto avviene l’affinatura e la selezione del prodotto per raggiungere l’eccellenza riconosciuta dal Presidio Slow Food.
La casèra di stagionatura o Centro del Bitto di Gerola Alta, è gestita dalla Valli del Bitto, una società per azioni ad azionariato popolare nata nel 2003 grazie alla volontà di Paolo Ciapparelli e di alcuni imprenditori locali.
Grazie alla passione e al contributo dei soci fondatori, alla quale si sono aggiunti negli anni numerosi microazionisti, la società ha sostenuto la produzione storica garantendo agli alpeggiatori un prezzo etico.
Questa garanzia ha rafforzato l’unione dei produttori fedeli al metodo storico, certi di poter contare su un organismo in grado di valorizzare al massimo il loro prodotto, la loro professionalità e il loro entusiasmo.

La Valli del Bitto Spa è espressione della solidarietà concreta a sostegno dello Storico formaggio delle Orobie, al fine di preservare un patrimonio culturale del territorio fatto di tradizioni ereditate dalle generazioni passate,   di capacità tecniche, di saperi e pratiche legate alla natura.
Valorizza lo Storico sia sul mercato locale che internazionale, partecipando alle più importanti manifestazioni Slow Food e alle fiere d’eccellenza enogastronomica.
L’obiettivo di salvaguardare la tradizione dello Storico formaggio delle Valli del Bitto non può prescindere infatti dall’innovazione dei canali comunicativi e dalla globalizzazione: internet ha giocato un ruolo chiave nella formazione di consumatori consapevoli che ricercano, oltreconfine, prodotti BUONI, PULITI E GIUSTI.
Il cibo, non rappresenta più solo un piacere, ma diviene un vero e proprio “atto agricolo” (C. Petrini) se viene prodotto rispettando ambiente e tradizione.
La promozione dello Storico riflette la necessità di ripensare ad un modello di sviluppo agricolo che sia equo e sostenibile e favorisca la biodiversità.

La produzione dello storico ribelle

Lo Storico Ribelle viene prodotto esclusivamente nei mesi estivi in alpeggio:il bestiame costituito da vacche da latte ( tradizionalmente di razza bruno alpina) e da capre (di razza orobica autoctona della Valgerola) viene condotto sui pascoli nel mese di giugno e vi resta, condizioni climatiche permettendo, fino al mese di settembre.
I bovini e i caprini si nutrono esclusivamente del pascolo alpino, da disciplinare infatti è vietato integrare l’alimentazione con mangimi e insilati; l'ambiente delle prealpi Orobie, per esposizione, per la abbondanza di corsi d’ acqua e per le variazioni altimetriche, presenta una varietà floreale che conferisce al latte proprietà nutrizionali di qualità superiore.
La biodiversità dell’ambiente montano, i suoi profumi ed aromi, conferiscono caratteristiche organolettiche uniche a ciascuna forma di Storico prodotta nei 12 alpeggi del Consorzio di Salvaguardia.
L’alimentazione agisce positivamente sugli aspetti qualitativi del latte rendendolo ricco di acidi grassi poli-insaturi e di un acido grasso essenziale della serie omega 3, entrambi noti per gli effetti benefici sulla nostra salute.
Questo latte straordinario viene ottenuto mungendo bovini e caprini due volte al giorno: la prima mungitura alle 6.00 del mattino e la seconda intorno alle 16.00.
Il latte viene lavorato immediatamente dopo la mungitura, in una struttura chiamata “calècc”, che funge da caseificio adiacente al pascolo. E’ importante lavorare il latte sul posto per evitare sia contaminazioni batteriche che alterazioni causate dal trasporto.
Nel “calecc” si trova la tradizionale “culdera” un grande paiolo in rame a forma di campana rovesciata che può pesare fino a 50 kg, dove al latte vaccino appena munto e ancora caldo viene aggiunta una percentuale ( 10-20%) di latte caprino. Il latte viene riscaldato nella “culdera” posta sul focolare a legna attraverso un paranco girevole in legno detto “màsna”, fino a raggiungere una temperatura di 35-37° C.
Tolta la “culdera” dal fuoco, si aggiunge il caglio di vitello per la coagulazione del latte; la massa di latte coagulato detta cagliata viene poi rotta molto finemente con uno strumento chiamato “spìgn”. Si tratta di un bastone in legno dotato di fili metallici all’estremità che permettono di rompere la cagliata fino a raggiungere la dimensione di un chicco di riso.
Dopo questa operazione la “culdera” viene rimessa sul fuoco a legna e portata alla temperatura finale di 50-52°C, nel giro di due ore.
Raggiunta questa temperatura, il casaro estrae la pasta di formaggio attraverso un telo in lino e la pressa nelle fascere in legno circolari di diametro regolabile di circa 50 cm, che conferiscono il caratteristico scalzo concavo. La pasta pressata dentro le “fascere” viene posta su un piano in legno leggermente inclinato detto “spresùn”, che permette al siero presente nel formaggio di defluire attraverso canaline di scolo.

Nella “culdera” a questo punto rimane il siero di lavorazione del latte che verrà utilizzato per la produzione della mascherpa.
L’attrezzatura utilizzata è prevalentemente in legno perchè i produttori di Storico lo ritengono indispensabile per la sua caratteristica insostituibile di porosità e di traspirabilità, che permette al formaggio, durante la formatura e la salatura a secco, di asciugare e di respirare. Inoltre tutta l'attrezzatura tradizionale in legno è fondamentale per mantenere le caratteristiche di tipicità di ogni alpeggio, dovute in parte alla microflora che vi si instaura, creando una barriera contro l'insediamento di altri microbi anticaseari. La maturazione inizia nelle "casere d'Alpe" e si completa nella Casèra di Gerola Alta, sfruttando il naturale andamento climatico della zona di produzione.
La maturazione deve essere protratta per almeno settanta giorni per ottenere lo Storico formaggio delle Orobie.

La Storia

La storia
Lo Storico formaggio delle Valli del Bitto ha origini millenarie, ma la prima testimonianza scritta giunta fino ai giorni nostri risale al XVI secolo, da un autore esterno al territorio, Ortensio Lando nel suo Commentario. “Il cacio della valle del Bitto” viene segnalato dall’autore come prodotto valtellinese da non perdere, insieme al formaggio Melengo ( della Valmalenco), a quelli di Ponte o Tirano e Chiavenna.
Il “formaggio della valle del Bitto” viene menzionato in atti relativi a transazioni commerciali tra il Cinquecento e l’Ottocento attestando una superiorità qualitativa e un prezzo superiore rispetto al generico “formaggio grasso” locale, in primo luogo dovuto alla diversa capacità di invecchiamento.
Lo Storico nasce nelle vallate orobiche occidentali, grazie ad una serie di condizioni favorevoli eccezionali di tipo geografico, naturale, geopolitico e culturale. Nel territorio del Parco delle Orobie Valtellinesi, si estende un comprensorio di pascoli alpini, che per esposizione, umidità e temperatura, sin dal Medioevo è stato alla base di un’economia di allevamento e di produzione casearia specializzata.
Un altro fattore determinante per il successo di questa produzione casearia di eccellenza è stata l’apertura di due importanti vie commerciali su Como e Bergamo: il primo facilmente raggiungibile via acqua grazie al fiume Adda, il secondo attraverso la Val Brembana percorsa dalla Via Priula – asse internazionale di transito commerciale.
Nel XVesimo secolo i sentieri alpini di collegamento alla Val Brembana e i passi orobici (San Marco, Verrobbio, Bocchetta di Trona) rappresentavano percorsi agevoli per mercanti, allevatori ed eserciti in un contesto valtellinese diviso tra Stato di Milano, Repubblica di Venezia e Grigioni. Tale situazione geopolitica innescò una concorrenza tra due poli commerciali: Morbegno e Como da una parte, Branzi e Bergamo dall’altra; lo "Storico" delle Valli del Bitto ebbe accesso a distinti mercati in grado di apprezzarne e remunerarne la qualità, consacrandosi formaggio da esportazione grazie alla sua attitudine all’invecchiamento che gli consentì di affrontare lenti e lunghi viaggi a dorso di un mulo, su carri e barche.
La straordinaria qualità e il valore economico connesso era tale da giustificare i costi di trasporto, stagionatura e intermediazione commerciale. Non dobbiamo dimenticare che, fino alla fine dell’Ottocento, il formaggio duro e stagionato rimase un bene di lusso.

SlowFood

Slow Food è una grande associazione internazionale no profit, nata ad Arcigola e fondata in Piemonte nel 1986 da Carlo Petrini.
L’associazione si impegna a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali. È il 2000 quando prende il via il progetto dei Presìdi Slow Food, interventi mirati per salvaguardare o rilanciare piccole produzioni artigianali e tradizionali a rischio di estinzione.
Il Consorzio Salvaguardia Bitto Storico, allora denominato Associazione produttori Valli del Bitto, ha ottenuto il riconoscimento di Presidio Slow Food nell’ottobre del 2003. Il Centro del Bitto di Gerola Alta è l’unico ente autorizzato che garantisce la selezione e la qualità delle forme prodotte secondo il disciplinare dello Storico Presidio Slow Food.
Questo Presidio nasce per valorizzare la produzione d'alpeggio, ottenuta nell'area storica con l’utilizzo di una percentuale di latte caprino, senza l’utilizzo di fermenti industriali e senza l’utilizzo di mangimi e insilati. Le pratiche portate avanti dai 12 casari riuniti nel Consorzio Salvaguardia Bitto Storico se da un lato hanno un effetto positivo sia sulla qualità del formaggio sia sull'ambiente, dall'altro, comportano un deciso aumento delle risorse impiegate. E' necessario che questa situazione sia riconosciuta anche dal mercato e che i produttori ricevano la giusta remunerazione per il fondamentale lavoro di conservazione del paesaggio che stanno portando avanti. L'ambiente montano degli alpeggi, infatti, una volta abbandonato, si degrada in modo rapido e, nel giro di alcuni anni, diventa praticamente impossibile recuperarlo.


Il racconto del Consorzio

Image

Seguici su:

Contatti per Partner

info@eatsubria.it


©2021 liberacomm.it - Tutti i diritti riservati.