Gli itinerari



Dove si trova

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Provincia di Novara

Gastronomia tipica delle alture del Lago Maggiore: polenta e tapulun: questo e non solo sono la piacevolezza di una giornata passata a MASSINO VISCONTI giusto a metà strada tra Arona e Stresa

Il Castello Visconteo

Il Castello sorge all'entrata del paese di Massino Visconti, sopra un dolce declivio terrazzato, da dove si scorge un incantevole e invidiabile panorama sui laghi di Varese, Monate e Maggiore.
Si offre alla vista con il fascino dal sapore antico delle sue pietre e con il suggestivo emblema visconteo, un serpente che ingoia un uomo, riportato sopra l'ingresso e su un lato della torre. Non incute però timore e non suscita quelle sensazioni tipiche di quando si visita una struttura imponente, massiccia e misteriosa come un castello. E l'impressione è del tutto legittima se si considera che per l'illustre famiglia dei Visconti rappresentò, più che una fortezza difensiva, una residenza signorile.
Dell'antica struttura difensiva resta però la torre centrale, o mastio, stretta tra edifici sei-settecenteschi in cui si può notare un grazioso e caratteristico balconcino vicino al cortile rivolto verso il paese: da qui i Visconti parlavano agli abitanti del villaggio.
Anticamente vi era anche un fossato con tanto di ponte levatoio e, come vuole la tradizione di tutti i migliori castelli, non potevano certo mancare le prigioni e i trabocchetti per le torture, come quello sull'orlo di un profondo pozzo in cui erano state collocate delle lame di acciaio, ancor oggi visibile.
Sul lato del castello rivolto verso la chiesa si possono ammirare la torre e le mura interrotte da un portale recante lo stemma dei Visconti. Attraversato il portone di un fabbricato addossato al mastio si accede ad un cortile con loggiato, meglio conosciuto come "cortiletto dei signori", intorno a cui si affacciano edifici risalenti ai sec. XIII-XIV che costituiscono il nucleo più antico dell'abitato. All'interno molte sale avevano le pareti affrescate, ma a causa delle numerose epidemie vennero interamente ricoperte di calce, cosicché oggi non ne rimane quasi più traccia.
Nel corso del tempo il castello venne quindi considerevolmente modificato, tanto che se all'inizio si mostrava come un quadrilatero con alte mura merlate e quattro grosse torri, ora si presenta come un edificio di tre piani con una sola torre. Le altre tre torri furono abbattute per poter far posto alla lavanderia, alla cucina, alle scuderie, alle stalle ed al giardino.
Fonte: www.distrettolaghi.it

La storia

Forse già abitato dagli Insubri, i Romani vollero dedicare a Giove Massimo questo luogo, da cui sembra prese successivamente il nome.
Il Castello di Massino Visconti è nato come convento dei monaci di San Gallo durante i primi decenni dell’anno mille e fu successivamente trasformato dai Visconti in residenza signorile di campagna.
Riguardo alla data di costruzione non si hanno però riferimenti precisi, anche se su alcune pietre della torre maggiore, il mastio, vi sono incise le date del 1548 e del 1555.
La costruzione risulta essere il primo fortilizio della Casata dei Visconti, quando, nel 1139, Guido Ottone Visconti fu autorizzato da parte della Corte di Massino Visconti a diventare il feudatario dell’omonimo castello.
Nel 1358, Galeazzo Visconti, Duca di Milano, durante la guerra con il Marchese del Monferrato, riuscì a penetrare in territorio novarese e fece distruggere tutti i castelli del Vergante, ad esclusione di quello di Massino, per evitare che i suoi nemici se ne servissero contro di lui.
Si sa tuttavia che non era l'unico castello di questa antica corte o "massa" longobarda, da cui trae anche l'origine nel toponimo di Massino Visconti, ritenuta da alcuni anche il luogo di origine dei Visconti e sede del ramo "di Massino": vi sorgeva un altro castello, chiamato il "Castellaccio", fatto poi distruggere, sempre nel 1358, da Galeazzo Visconti.
La costruzione che si può ammirare oggi è quindi il risultato di una serie di ricostruzioni cinquecentesche, su un'area adiacente a quella originariamente destinata al castello, ma più bassa.
Alla fine del secolo XIX°, nel 1863, Alberto Visconti vendette il Castello di Massino che divenne, all'inizio di questo secolo, proprietà di un ramo della famiglia, quello dei Visconti di San Vito, tutt’ora proprietari con la Marchesa Ludovica Visconti.

Storia e descrizione dei siti
CHIESA DI SAN MICHELE
Della costruzione del secolo XI si conserva il campanile pendente. Nel corso dei secoli l’edificio subì varie modifiche, in particolare tra il Seicento e il Settecento, quando fu consolidato dopo un lungo periodo di abbandono causato probabilmente da una frana che lo danneggiò provocando anche l’inclinazione del campanile. Fino al 1585 vi era il fonte battesimale ed era affiancata dal cimitero.
Il CAMPANILE è datato agli anni tra il 1025 e il 1050, a pianta quadrata e a sei ripiani. Sulle sue pareti si aprono monofore e bifore di varia grandezza e il lato sud presenta un tipico capitello a stampella decorato con testa umana in bassorilievo.
All’interno della chiesa, sulle pareti della singolare abside quadrata, si può ammirare un ricco ciclo AFFRESCHI quattrocenteschi attribuiti alla bottega di Giovanni de Campo (attivo dal 1440 al 1483 circa): sulla parete sinistra, la teoria degli Apostoli e più in alto i profeti; al centro, la figura del Cristo Pantocratore circondato dai simboli dei quattro Evangelisti (Tetramorfo); ai lati le figure di san Michele Arcangelo e una Madonna del latte in trono; a sulla patrete destra sant’Agata, la Trinità e il martirio di san Lorenzo.

COMPLESSO DELL’EREMO E CHIESA DI SAN SALVATORE
In posizione isolata e panoramica, conserva alcuni resti dell’antico monastero eretto dai Benedettini intorno all’anno Mille, la chiesa e alcune cappelle di epoche diverse. L’edificio della chiesa denota una grande irregolarità architettonica causata dai continui rimaneggiamenti collegati alla forte pendenza del terreno su cui il complesso fu costruito. All’esterno della primitiva chiesa vennero edificate, tra il XII e il XIV secolo, tre cappelle o absidi da celebrazione, con i tetti di pietra poste su livelli diversi. Alle due inferiori si accede scendendo la “scala santa” addossata al lato sinistro della chiesa, mentre dalla mediana i monaci raggiungevano, attraverso un percorso coperto, le loro celle. Le cappelle erano dedicate a san Quirico, santa Margherita e santa Maria Maddalena.
Verso la fine del XV secolo, decaduta l’abbazia di Massino, giunsero sul San Salvatore i monaci Eremitani di Sant’Agostino che ampliarono il complesso rimanendovi fino al 1660. Essi vi fecero arrivare preziose reliquie e introdussero la devozione alla Madonna della Cintura (si narra che alla madre di Agostino, santa Monica, apparve in sogno la Vergine, vestita di una semplice veste, stretta ai fianchi da una cintura di cuoio e da ciò deriverebbe l’abito adottato dagli stessi Agostiniani), richiamando per secoli nel santuario le popolazioni del Vergante.
In seguito, con il passaggio del complesso alla parrocchia, ai monaci subentrarono gli eremiti: singolari e pittoresche figure di uomini che, appartati dal mondo, vivevano delle offerte e delle elemosine dei fedeli.
Anche la chiesa di San Salvatore attesta rimaneggiamenti e modifiche di epoche diverse, in origine era disposta nella direzione est-ovest, con una sola navata chiusa da un’abside con le pareti affrescate e dotate di tre porte; nell’architrave all’ingresso è scolpita la data del 1499, a testimonianza dell’epoca agostiniana. Ai primi decenni del Seicento si deve il rifacimento della facciata. Al 1690 risale invece la costruzione del campanile e al 1699 della sacrestia, come anche della nuova navata absidata (con orientamento nord-sud). Attualmente la chiesa ha una sola navata con abside perpendicolare alla navata e all’abside originarie.
La cappella più antica dei Benedettini, che costituisce l’abside originaria, conserva AFFRESCHI quattrocenteschi che Lancillotto dei Visconti feudatari di Massino fece realizzare da Giovanni De Campo (che lavorò anche nella chiesa di San Michele): un corteo degli Apostoli intorno al Cristo, racchiuso in una mandorla tricolore.
Altri affreschi nella cappella di sant’Uguccione; dipinti del XV secolo raffiguranti la beata Panacea, sant’Abbondio e la Crocifissione.
Fonte: www.archeocarta.org

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