L'abbazia di San Pietro al Monte è un complesso architettonico di stile romanico, situato nella valle dell'Oro nel comune di Civate in provincia di Lecco.
Il luogo, che attualmente non è più occupato da religiosi, si compone di tre edifici: la basilica di San Pietro, l'oratorio intitolato a san Benedetto e quello che era il monastero di cui rimangono solo rovine.
Due portali in pietra recano inciso il motto Ora et labora e ricordano la passata presenza dei monaci benedettini.
Le costruzioni facevano parte del complesso dell'abbazia benedettina di Civate comprensiva, nell'abitato, anche della basilica di San Calocero e delle chiese di San Nazaro e San Vito.
L'imponente ciclo di affreschi della basilica di San Pietro, che ha come tema l'Apoteosi finale del Cristo e il Trionfo dei Giusti sulla falsariga dell'Apocalisse di san Giovanni, ne fa una tra le più importanti testimonianze romaniche lombarde.
La planimetria della chiesa è particolare: l'inversione dell'asse avvenuta nell'XI secolo con la costruzione di una nuova abside a est ha trasformato quella vecchia, ad ovest, nell'entrata. La costruzione ora ha due absidi alle estremità della navata unica, quella occidentale ospita il ciborio con altare, quella orientale un pronao con due cappelline ai lati dell'ingresso.
L'accesso avviene per mezzo di una scalinata che porta in un ampio atrio semicircolare illuminato da bifore, costruito su due piani, uno a livello della chiesa l'altro a livello della cripta che poteva dare alloggio ai pellegrini.
All'ingresso troviamo un endonartece con due absidiole affrescate. Nella volta centrale viene raffigurata la Gerusalemme celeste, nella lunetta il Seno di Abramo, nelle volte la personificazione dei Fiumi celesti, sulle due transenne che dividono il pronao dalle absidiole due stucchi con il Grifone e la Chimera. Delle due cappelline una è affrescata con i santi, l'altra con gli angeli.
All'estremità occidentale della navata possiamo ammirare il ciborio decorato con stucchi semipolicromi, tutti i lati del timpano portano scene evangeliche, quello orientale raffigura Cristo crocifisso tra la Maria e san Giovanni, sopra i capitelli vi sono le raffigurazioni simboliche degli evangelisti, all'interno la cupola è affrescata con figure di santi.
Sulla controfacciata orientale (sopra la porta d'ingresso) l'affresco con la Visione dell'Apocalisse, di grande complessità e geniali soluzioni compositive vede al centro la figura di Cristo in maestà circondato da san Michele e gli angeli che trafiggono il dragone (il demonio). La presenza di altre figure, con corpi celesti e anime dannate con le loro valenze simboliche rendono difficile l'interpretazione dell'affresco. Emblematica è la cosiddetta Scena apocalittica, dove un Cristo in trono siede immateriale al centro del riquadro, mentre corre tutt'intorno uno stilizzato castello con un'intuitiva assonometria a zig-zag vista "a volo d'uccello", dove testine s'affacciano da aperture. La rigida simmetria è alleggerita dalle marcate variazioni luminose.
Tutto il ciclo pittorico, oltre la rappresentazione letterale dell'Apocalisse è impregnato di significati trascendenti e riferimenti simbolici di alta astrazione che rendono difficile la lettura.
La cripta, a cui si accede tramite una scala sul lato sud con spalletta decorata a stucco, è retta da colonne con capitelli decorati a stucco con forme vegetali stilizzate e contiene sulla parete orientale una lunetta con la Dormitio Virginis e affreschi con le Vergini sagge.
L'apparato decorativo di epoca romanica ancora presente nella basilica di San Pietro al Monte appare di eccezionale ricchezza e complessità: gli stucchi e gli affreschi presenti si connettono tra loro ubbidendo ad un medesimo linguaggio denso di rimandi simbolici alla dottrina ecclesiale, lasciando intuire la presenza di "una mente ideatrice di altissima preparazione teologica".
Salita la scalinata ed entrati nel pronao edificato tutt'intorno all'abside orientale quasi a formare un deambulatorio esterno, si osserva sulla porta d'ingresso alla chiesa l'affresco della Traditio Legis et Clavis, raffigurante Cristo che fonda la sua Chiesa consegnando a Pietro e Paolo rispettivamente le chiavi e le leggi.
All'interno, la navata della chiesa è preceduta da una sorta di nartece diviso in tre vani (un corridoio e due absidiole laterali) da quattro colonne tortili sormontate da archi a tutto sesto. Nella lunetta sopra la parte interna dell'ingresso è raffigurato il Seno di Abramo, con il profeta che abbraccia idealmente il suo popolo. Sulle due pareti del corridoio di ingresso sono raffigurate scene che mostrano i santi papi Marcello e Gregorio intenti ad accogliere gruppi di fedeli; sotto le due scene trovano posto fasce a meandro con raffigurazione del simbolo cristologico del pesce. Nella sovrastante volta a vela si osserva un affresco con la Gerusalemme celeste di particolare complessità iconografica: al centro della scena è posto il Cristo assiso sul globo, con ai piedi l'Agnello mistico sotto il quale sgorga un fiume che subito si divide in quattro rami, mentre tutto intorno, nelle mura della città, si aprono complessivamente dodici porte dalle quali si affacciano teste di angeli. La scena continua idealmente nella volta a crociera successiva nelle cui vele trova posto la raffigurazione allegorica dei quattro fiumi del Paradiso Terrestre. In basso, le coppie di colonne sono legate tra loro da due plutei con le figure a stucco del Grifone e della Chimera, simboli del male, colti mentre fuggono dalla chiesa.
Nelle due absidiole che affiancano il corridoio d'ingresso trovano posto raffigurazioni della gerarchia degli angeli (absidiola meridionale) e dal popolo degli eletti (absidiola settentrionale). Al di sopra delle tre arcate del nartece interno, ingentilite da motivi decorativi in stucco, trova posto un unico grande affresco che riassume il senso dell'intero ciclo decorativo: la scena raffigurata rispecchia fedelmente quella descritta in apertura del capitolo 12 dell'Apocalisse.
Vi si osserva sulla sinistra la "donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi": ha appena partorito un figlio maschio che subito viene portato verso il trono di Dio, posto al centro della scena, in modo che egli non sia divorato dall'enorme drago che si distende col corpo e con la coda lungo tutta la scena. A scongiurare la minaccia interviene l'arcangelo Michele con i suoi angeli che, per mezzo delle loro lance, trafiggono il drago su tutto il corpo precipitandolo sulla terra.
Il ciborio
L'altare posto di fronte all'abside occidentale è sormontato da un elegante ciborio che, nella sua struttura architettonica, ricorda da vicino a quello più della basilica di Sant'Ambrogio a Milano. È composto da quattro colonne con capitelli sormontati da altorilievi in stucco raffiguranti i simboli del Tetramorfo. Nelle quattro fronti cuspidate poste sopra gli archi che raccordano le colonne, trovano posto notevoli rilievi in stucco con le scene della Crocifissione, delle Marie al sepolcro, dell'Ascensione e della Traditio Legis et Clavis; il tutto impreziosito da una decorazione a stucco straordinariamente raffinata. All'interno del cupolino del ciborio trova posto un affresco che ripropone al centro la figura dell'Agnello mistico contornato da diciotto figure nimbate - dieci uomini e otto donne - che si collegano forse al testo dell'Apocalisse (ma sulla cui interpretazione non esistono pareri concordi.
Vanno ancora menzionati, nel descrivere l'apparato decorativo della chiesa, gli stucchi del parapetto, che difende il vano della scala che porta alla cripta. Si tratta di tre lastre con rilievi che mostrano all'interno di un complicato intreccio di girali e viticci rispettivamente le figure affacciate di un grifone e di un leone, di due leoni e di due leoni che si trasformano in pesci, in conformità ad una simbologia che verosimilmente allude al percorso di salvezza dell'uomo
Le decorazioni presenti nella cripta vogliono soprattutto rendere omaggio alla Madonna. Lo spazio della cripta è diviso in tre navate da due file di tre colonne; al termine della navata centrale è posto un modesto altare in muratura alle cui spalle si possono osservare, sapientemente eseguite in stucco, scene riguardanti la vita di Maria: la presentazione di Gesù al tempio, la crocifissione di Cristo (alquanto rovinata) e la Dormitio Virginis, scena di grande intensità emotiva. Delle decorazioni a fresco sopravvissute nella cripta si nota soprattutto una notevole raffigurazione di santa Agnese che regge una fiaccola alla quale è appeso un contenitore di olio (forse un rimando alla parabola delle vergini sagge e delle vergini folli).
La esecuzione del complesso apparato decorativo viene generalmente fatta risalire ad anni che vanno dagli ultimi decenni dell'XI secolo ai primi del secolo successivo. In merito agli artisti che presero parte ai lavori non esiste tra gli studiosi un accordo né sul loro numero, né sulla loro provenienza. Si possono ad esempio osservare notevoli differenze stilistiche tra l'autore della Gerusalemme celeste ove è piuttosto evidente la permanenza di modelli ottoniani di provenienza nordica, rispetto al Maestro della Visione apocalittica che, dimostra di essere a conoscenza del linguaggio figurativo bizantino della seconda metà dell'XI secolo.
Fonte: Wikipedia
Chi arriva per la prima volta sin qui, dopo essersi ripreso un po’ dalla fatica che richiede il sentiero montano percorso fra i boschi e dal primo stupore nel trovarvi un monumento di straordinaria ed originale bellezza ed imponenza, si chiede quando e chi mai ha avuto l’idea di realizzarlo.
Rispondere con semplicità e brevemente a questa domanda non è possibile, dal momento che dovremmo ripercorrere la storia di questi luoghi a partire da età lontanissime, che risalgono addirittura all’età del rame. Basti ricordare che qui si sono susseguite le presenze di Liguri, Celti, Romani, Goti, Bizantini, Longobardi ed infine dei Franchi…
E’ soprattutto però il periodo di permanenza dei Romani che ha dato il nome ed una impostazione caratteristica e particolare al territorio. Essi, infatti, stabilirono qui un tratto della linea di difesa militare che, a partire dal Castello di Lecco, controllava il territorio fino a Castelmarte, presso Erba per raggiungere quindi la città fortificata di Como, porto militare per il controllo del Lario. Una serie di posti di guardia minori, situati a mezza costa sulle pendici dei monti per evitare le nebbie invernali, completavano la linea di difesa trasmettendo segnali luminosi nel caso dal confine settentrionale giungesse qualche pericolo.
La stessa linea di difesa sovrastava una strada che, alle sue origini, aveva la lontana città di Aquileia. Nel tratto relativo a questo territorio partiva da Bergamo, superava l’Adda al ponte in pietra d’Olginate, risaliva fino alla sella di Galbiate, che sta di fronte a noi, quindi, contornando la parte settentrionale del lago, superava la collina di Civate e si avviava ad ovest verso Castelmarte e poi Como.
Il punto di transito di questa strada sul piccolo fiume emissario del lago di Annone, dove si trovava un ponte, era la Clavis, cioè il punto di passaggio obbligato controllato da un posto di guardia militare. E’ appunto da Clavis che deriverà prima Clavate e poi, nel tempo, Civate.
Tutto ciò restò praticamente invariato col successivo arrivo dei Goti, dei Bizantini e dei Longobardi… E proprio alla fine del regno di questi ultimi sorge il più antico insediamento di monaci a San Pietro al Monte.
I Longobardi, da tempo stanziati sul territorio, iniziarono via via una politica di integrazione con la popolazione locale convertendosi al cristianesimo. In queste regioni, lontane dalle grandi città, solo i monaci potevano svolgere quest’opera di pacificazione ed i Longobardi favorirono dunque la costruzione di monasteri sulla linea di confine ai piedi delle Alpi, a partire dal monastero di Non, in Trentino, sino alla Novalesa o la Sacra di San Michele ad occidente.
Fu così che, verso la fine stessa del regno Longobardo, nella seconda metà dell’VIII secolo, sorse un primo esiguo monastero dedicato a San Pietro e Paolo.
La leggenda narra che fosse stato proprio Desiderio a costruirlo, per compiere un voto fatto dal figlio, Adalgiso, rimasto accecato durante una battuta di caccia al cinghiale e poi miracolosamente guarito.
Da allora il monastero ha vissuto altre ricostruzioni nel secolo IX e poi tra il X ed XI secolo, trasformandosi nella meravigliosa architettura romanica che ancora oggi possiamo ammirare. Fino al X secolo v’era solamente la basilica ed un semplice monastero, le cui costruzioni erano tutte addossate alla parete settentrionale della chiesa. Nell’XI secolo si aprì l’ingresso attuale, fu costruito lo scalone ed il pronao semicircolare e fu innalzato l’oratorio di San Benedetto.
E così è stato finché, forse dopo la sconfitta a Legnano del Barbarossa, di cui l’abate era fedele vassallo, i Comuni con a capo l’arcivescovo di Milano hanno distrutto tutte le parti d’abitazione del monastero. E’ rimasta solo la chiesa: la casa di Dio.
Fonte: www.amicisdisanpietro.it
©2021 liberacomm.it - Tutti i diritti riservati.